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    drogaonline
    Gen 12, 2017
    alcol
    0

    di Fulvio Fantozzi*

    Nel luglio scorso la stampa laica aveva riportato l’allarme di ricercatori neozelandesi circa il rischio di incorrere in neoplasie per chi beve anche senza necessariamente essere un alcolizzato. L’Autrice dello studio concludeva infatti che non esiste un livello sicuro di consumo di alcolici per quanto riguarda il rischio di ammalarsi di tumori di bocca e gola, laringe, esofago, fegato e, udite udite, colon e mammella.

    Che l’alcol fosse responsabile come fattore causale o concausale (si pensi al bevitore abituale che spesso è anche fumatore abituale di tabacco, con rischio tumorale quindi non additivo, ma esponenziale) di tumori della parte alta di vie respiratorie e apparato digerente era ben noto da tempo ed è intuitivo a ben vedere: l’alcol fisiologicamente per il primo tratto delle vie digerenti e per il fegato , che lo metabolizza, “ci passa” sempre e comunque; che possa irritare e rendere anche la laringe, che al tubo digerente non appartiene, più proclive a tumori può pure essere comprensibile data la vicinanza tra gola e prime vie respiratorie; un po’ più difficile è accettare l’idea che l’alcol favorisca, anzi causi, il tumore del colon alias intestino , che pare così distante dal suo punto di entrata nell’organismo, ovvero la bocca. Idem per la mammella.

    Il fatto è che l’alcol all’intestino e al tessuto mammario non ci arriva mica dallo stomaco poiché nello stomaco esso inizia ad essere assorbito e nel duodeno, che è la prima parte dell’intestino, viene assorbito pressochè totalmente; ci arriva dal sangue. E l’alcol è un cancerogeno acclarato.

    Ancora oggi ci si dibatte tra proibizionisti soft che fissano a livello mondiale soglie di consumo meno pericoloso in generale per la salute in 2-3 bicchieri al giorno e proibizionisti hard come gli Alcologi Inglesi che, inaspettatamente giacchè per tradizione son sempre stati di più larga Manica rispetto ai noi Europei Meridionali (si veda alcol e guida: per loro ancora oggi la soglia legale per la guida in stato di ebbrezza non è 0,5 g/l, ma 0,8 g/l!) nel 2015 han deciso di posizionare l’asticella del bere moderato più in basso e ammoniscono così i loro connazionali che vogliono evitare tumori dei succitati distretti corporei: la soglia da non superare in una settimana sono 9 unità alcoliche, ossia 9 bicchieri di vino o 9 lattine di birra da 33 cl … ALLA SETTIMANA!

    Ma è chiaro che tali dibattiti sono espressione di un compromesso politico: la posizione seria e definitiva per abbattere la diffusione di tutte le patologie alcol correlate , fegato grasso e pressione alta in primis, nonché di tumori alcol correlati, sarebbe l’abolizione totale ed universale del bere, cosa francamente irrealistica, anzi donchisciottesca. Dato che appunto ciò è utopia, si trova il compromesso di concedere l’illusione che bere poco non costituisca rischio di incorrere in tumori causati dall’alcol, ma evidentemente trattasi di una bufala: se bevi poco, il tuo rischio di ammalare di un tumore alcol correlato potrà essere contenuto, ridotto e finanche irrisorio, ma non sarà mai uguale a zero. D’altronde… “vivere è cancerogeno”, diceva argutamente Woody Allen.

    Dunque tornando al discorso iniziale, la nozione che anche a livello divulgativo dovremmo sforzarci di far passare in veste di operatori della salute laici per davvero e quindi neutrali ed imparziali anche quando si tratta di far passare nozioni scomode, è che bere anche poco alcol fa aumentare il rischio di ammalare di molti tipi di tumore.
    ________

    A fine anno 2016 a tale triste, per in non astemi, constatazione si è aggiunta una nuova consonante acquisizione scientifica, non definitiva (nella Scienza Medica non esiste mai nulla di definitivo), ma del tutto preoccupante: bere anche poco alcol favorisce la ripresa della fibrillazione atriale in chi ne soffre e magari si sta curando con successo con farmaci o con manovre talora anche cruente come la reversione elettrica o altre manovre chirurgiche, ancorchè non troppo invasive.

    Una ricerca australiana (“dall’Oceania con furore” potremmo dire, ricordando che il caveat sul alcol e cancro del luglio scorso proveniva dalla Nuova Zelanda!) dimostra che su 900mila persone esaminate, l’8% avrebbe un rischio maggiore di irregolarità del battito cardiaco anche ingerendo piccole dosi di alcol. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology.

    La fibrillazione atriale è un disturbo del ritmo cardiaco caratterizzato da battito cardiaco irregolare che può provocare coaguli, ictus, insufficienza cardiaca e altre complicanze a livello del cuore. Secondo l’American Heart Association, se non viene opportunamente trattato, questo problema raddoppia il rischio di morte correlata a cause cardiache ed è collegata all’aumento del rischio di ictus di cinque volte, poiché nel cuore , a causa della fibrillazione in questione, si formano emboli ovvero grumi di sangue, che dal cuore partono e ,attraverso le grosse arterie che portano sangue al cervello, giungono via via alle piccole arterie che irrorano la materia cerebrale, ostruendole e dunque provocando l’ictus cerebrale.

    Chi soffre di fibrillazione atriale dovrebbe porre attenzione al bere, evitando o limitando l’assunzione di alcool, ha spiegato il ricercatore australiano.

    Il rischio, poi, sarebbe lo stesso per uomini e donne. Lo studio ha inoltre dimostrato che le persone che soffrono di fibrillazione atriale e che seguitano a bere, hanno una maggiore probabilità di continuare a soffrire del disturbo, anche dopo l’intervento chirurgico per cercare di risolverlo.

    Tuttavia, come sottolineano gli stessi autori, lo studio non dimostra che un cocktail in più dopo cena sia la causa diretta ed esclusiva della fibrillazione atriale.

    I ricercatori australiani hanno quindi fatto delle ipotesi sul meccanismo che collegherebbe consumo di alcool e battito irregolare. Prima di tutto, bere alcool può danneggiare direttamente le cellule cardiache e portare alla formazione di piccole quantità di tessuto fibroso che può causare irregolarità. Inoltre, col tempo, il bere può cambiare i segnali elettrici tra le cellule, determinando la fibrillazione. Oppure, l’alcool potrebbe portare all’irregolarità cardiaca stimolando il sistema nervoso autonomo. Infine, un altro motivo potrebbe essere il fatto che l’alcool determina obesità, problemi a livello della respirazione e pressione elevata, ipotizzano gli autori, tutte cose che al ritmo del cuore non fanno certo bene.

    In ogni caso, per approfondire il legame tra bere alcol e fibrillazione atriale c’è bisogno di più studi, anche perché il problema della maggior parte delle ricerche analizzate , compresa quella in parola, è che i ricercatori si affidano al ricordo delle persone su quanto bevono.

    Il consiglio che nel frattempo dovrebbe essere rivolto dal medico coscienzioso , Cardiologo o di Medicina Generale che sia, al proprio paziente sofferente di fibrillazione atriale, magari in remissione dopo una cardioversione o un intervento di ablazione chirurgica, è sempre quello di bere mentre si mangia e di inframezzare vino o birra , se proprio le si devono bere, con il consumo di bevande analcoliche; e inoltre di mantenersi a dosi basse, per ridurre l’esposizione del cuore a tossine cardiache

    * Fulvio Fantozzi è Medico Chirurgo Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni
    Perfezionato in Psicopatologia Forense, Tossicologia Clinica, Dipendenze Patologiche e Bioetica
    Già Primario dei SER.T. – Centri Alcologici di Carpi e Mirandola, Az. USL di Modena
    Consulente della Casa di Disassuefazione di Carpineti – Ce.I.S di Reggio Emilia
    Iscritto all’Ordine dei Medici di Reggio Emilia n. 2271

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