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  • Gli effetti della psilocibina nell’imaging a risonanza

    drogaonline
    Lug 4, 2012
    Commenti disabilitati su Gli effetti della psilocibina nell’imaging a risonanza

    La scansione del cervello di persone sotto l’influenza della psilocibina, principio attivo dei funghi allucinogeni, ha dato agli studiosi il quadro più dettagliato disponibile ad oggi del funzionamento delle droghe psichedeliche.
    I risultati di due ricerche pubblicate su riviste scientifiche nel gennaio 2012 identificano le aree del cervello dove l’attività viene soppressa dalla psilocibina e suggeriscono che questo induce le persone ad avere ricordi più vividi.
    Nel primo studio pubblicato il 23 gennaio su «Proceedings della National Academy of Sciences», a 30 volontari sani veniva infusa nel sangue della psilocibina mentre erano all’interno della risonanza magnetica, scanner che misura i cambiamenti nell’attività cerebrale. La scansione ha mostrato che l’attività è diminuita nelle regioni centrali del cervello, aree che sono particolarmente ben collegate con altre.
    Il secondo studio, che é stato pubblicato online dal British Journal of Psychiatry il 24 gennaio ha scoperto che i volontari hanno maggiorato i loro ricordi. I ricercatori suggeriscono che questa scoperta potrebbe rendersi utile in aggiunta alla psicoterapia.
    Il professor David Nutt, del Dipartimento di Medicina presso l’Imperial College di Londra, autore di entrambi gli studi, ha detto: «le sostanze psichedeliche sono credute espansori della mente quindi si riteneva che incrementassero l’attività cerebrale, ma sorprendentemente abbiamo scoperto che la psilocibina effettivamente causa una diminuzione nelle zone che presentano i più densi collegamenti con altre aree che in natura sono funzionali a limitare la nostra esperienza del mondo ed aiutano a tenerlo in ordine. Ora sappiamo che la disattivazione di queste regioni porta ad uno stato in cui il mondo è vissuto come strano.»
    L’intensità degli effetti riportati dai partecipanti, tra visioni di motivi geometrici, insolite sensazioni corporee e percezione alterata dello spazio e del tempo è collegata ad una diminuzione dell’ossigenazione e del flusso sanguigno in alcune parti del cervello.
    La funzione di queste aree, corteccia mediale prefrontale e la corteccia cingolata posteriore, è oggetto di dibattito tra neuroscienziati: la corteccia cingolata posteriore si propone di avere un ruolo nella coscienza e di auto-identità; la corteccia mediale prefrontale è nota per essere iperattiva nella depressione, quindi l’azione della psilocibina su questo settore potrebbe essere responsabile di alcuni effetti antidepressivi che sono stati osservati. Allo stesso modo, la psilocibina riduce il flusso sanguigno nell’ipotalamo, dove il flusso di sangue aumenta durante la cefalea a grappolo, questo forse spiega perché alcuni malati hanno dichiarato che i sintomi sono migliorati sotto l’effetto della psilocibina.
    Nello studio del British Journal of Psychiatry a 10 volontari sono state sottoposte delle scritte che li hanno indotti ad entrare in contatto con ricordi fortemente positivi mentre erano all’interno della risonanza magnetica. I partecipanti a cui è stata somministrata psilocibina hanno riferito di aver percepito i ricordi in modo più vivido rispetto a coloro ai quali è stato somministrato un placebo, con la psilocibina vi era una maggiore attività in aree del cervello che processano la vista e altre informazioni sensoriali.
    Ai partecipanti è stato inoltre chiesto se ci sono state variazioni nel loro benessere emotivo due settimane dopo aver preso la psilocibina o il placebo e si può affermare la correlazione in chi ha assunto la sostanza tra le dichiarazioni di memoria vivida ed il benessere dichiarato due settimane dopo.
    In uno studio precedente su 12 persone nel 2011, i ricercatori hanno scoperto che nelle persone con ansia sottoposte ad un trattamento unico di psilocibina era diminuito il grado di depressione dopo sei mesi.
    Il Dr Robin Carhart-Harris, del Dipartimento di Medicina presso l’Imperial College di Londra, primo autore di entrambi i documenti, ha detto: «La psilocibina è stata ampiamente utilizzata nella psicoterapia nel 1950, ma il razionale biologico per il suo utilizzo non è stato adeguatamente studiato fino ad ora. I nostri risultati supportano l’idea che la psilocibina facilita l’accesso a ricordi ed emozioni personali. Studi precedenti hanno suggerito che la psilocibina può migliorare il sentimento di benessere emotivo e perfino ridurre la depressione nelle persone affette da ansia. Ciò è coerente con la nostra ricerca. La psilocibina riduce l’attività della corteccia mediale prefrontale, nello stesso modo in cui agiscono i trattamenti per la depressione. Gli effetti devono essere esaminati ulteriormente, ed il nostro é solo un piccolo studio, ma siamo interessati ad esplorare il potenziale della psilocibina come strumento terapeutico.»
    Visto che i volontari sottoposti allo studio in precedenza avevano assunto psichedelici, i ricercatori ritengono che questo potrebbe aver avuto influenza sulla correlazione tra i ricordi vividi ed il benessere percepito nel follow-up.
    La risonanza magnetica misura l’attività cerebrale indirettamente dal flusso di sangue o dalla mappatura dei livelli di ossigeno nel sangue, quando un’area diventa più attiva si utilizza più glucosio ma genera energia con rapide reazioni chimiche che non utilizzano ossigeno,
    di conseguenza aumenta il flusso di sangue ma non il consumo di ossigeno, causando una maggiore concentrazione di ossigeno del sangue nelle vene locali.
    Nello studio di Proceedings della National Academy of Sciences, i volontari sono stati divisi in due gruppi, ognuno dei quali studiato con un diverso tipo di risonanza magnetica. Le due modalità hanno prodotto risultati simili suggerendo che gli effetti osservati sono autentici.
    Gli studi sono stati approvati dal comitato etico del Servizio Sanitario Nazionale di ricerca. Tutti i volontari erano mentalmente e fisicamente sani ed avevano assunto sostanze allucinogene in precedenza senza alcuna risposta negativa. La ricerca ha coinvolto scienziati dell’Imperial, l’Università di Bristol e Cardiff University ed è stato finanziato dalla Fondazione Beckley, la Fondazione Neuropsychoanalysis, l’Associazione Multidisciplinare per gli studi psichedelici e la Heffter Research Institute.

    Fonte: www.sciencedaily.com

    Traduzione di Emanuele Incremona

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